sabato 23 gennaio 2010

Dentro gli sguardi della meglio gioventù

La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana è un film del 2003 nato per la Tv (originariamente pensato in quattro episodi, a Cannes ha trovato un'inattesa quanto meritata consacrazione) e poi distribuito con successo di pubblico e di critica nelle sale cinematografiche. Un mare di emozioni, di bellezza, di cronaca italiana: sei ore di storia appassionante, andando dietro alle vicende personali di Matteo e Nicola Carati, che hanno preso il via attorno al 1962 per terminare nel 2002.
I due fratelli - e con loro le sorelle Giovanna, la più grande e Francesca, la minore - si perderanno di vista, allontanati consapevolmente dalle proprie scelte, non solo professionali, ma si ritroveranno nei momenti chiave della propria vita, fondamentalmente senza capirsi, lasciando ad un gioco di sguardi il compito di raccontare questa dolorosa e rabbiosa incomunicabilità.
Sono tanti i momenti del film in cui è evidente questo gioco di sguardi e di piani di comunicazione non allineati, a sottolineare la difficoltà del rapporto e il non detto.

C'è Giorgia, la ragazza rinchiusa in un ospedale psichiatrico, trattata con l'elettroshock, che innaturalmente tiene la testa piegata e non guarda mai negli occhi l'interlocutore. In un paio di occasioni lo fa e sembra svegliarsi dal suo torpore: quando dice a Nicola Carati - Luigi Lo Cascio, 'il dottore dei matti' - che "tu non sei buono, tu non sei bravo. Eri bravo, eri buono. Ora non lo sei più". Nicola non replica. Quando poi Giorgia lascerà l'istituto per entrare in una casa di accoglienza, guarderà Nicola negli occhi, raccomandandogli di andare in cerca di Mirella, la fotografa che ha scattato l'immagine di Matteo che Nicola ha trovato in una mostra.

Quando Nicola e Matteo tornano di corsa, di notte, a Roma perchè il padre è morto, Matteo guida a velocità folle e sia Nicola che Giulia, che tiene in braccio Emma, la figlia avuta con Nicola, gli chiedono di rallentare, fino a quando scoppia un diverbio e Matteo inchioda l'auto. I due fratelli scendono e Matteo, di spalle, si allontana; Nicola lo incalza e gli grida "Matteo, voltati. Voltati. Voltati Matteo". Matteo si volta, sta piangendo, e i due fratelli si abbracciano, come poche altre volte nella loro storia.

Anche Giulia, la compagna di Nicola, ad un certo punto inizia a guardare altrove, insofferente alla sua vita, alle relazioni insoddisfacenti che ha instaurato, e parlando non riesce a fissare lo sguardo direttamente negli occhi dei suoi interlocutori, bensì girandoli in ogni direzione. Lo fa con Nicola, quando la vita di coppia inizia ad andarle stretta e stringe invece i rapporti con i compagni di futura lotta armata; lo fa con Francesca, la sorella di Nicola, quando divenuta terrorista, le dirà di andare via dall'Italia con il marito Carlo, un uomo importante all'interno della Banca d'Italia, perchè è diventato un obiettivo della Brigate Rosse. Anzi è lei stessa a doversene 'occupare'. Francesca costringerà Giulia a guardarla negli occhi, per farsi promettere di non fare del male al marito, che prima di essere suo marito è stato, in passato, un caro amico anche di Giulia.

Un altro gioco di sguardi e di piani sfalsati è quello fra Matteo e Giorgia. Lei è seduta sul letto e fissa davanti a sè. Matteo arriva e inizia a parlare, con affettazione e difficoltà; ma lei non si gira, non gli parla. Allora Matteo prende una sedia e si mette dietro di lei, guardando il muro. Solo così riesce a parlarle al cuore. E' a quel punto che lei inizia ad ascoltarlo e lo riconosce: si gira e lo chiama per nome: "Matteo".

Altri momenti: Matteo incontra Mirella a Palermo, e mentre si parlano lui si trova in primo piano, lei è dietro di lui. Le parla, ma guarda altrove. Poi Mirella si avvicina e gli scatta una foto, immortalando gli occhi di Matteo, che la fissano in uno dei rari momenti di verità - anche se lui le ha detto di chiamarsi Nicola.

Il film di Giordana è costellato di numerosi momenti caratterizzati da questa incomunicabilità. Matteo vede sua madre e suo padre ma non si ferma e, non visto, si allontana. Così anche con Mirella: la segue in macchina, poi si allontana da lei senza farsi vedere. Ancora una volta, tanti anni prima, si era allontanato di notte da Nicola, durante il loro viaggio verso Capo Nord, lasciandolo da solo in una stazione ferroviaria, ed allontanandosi. Nicola si sveglia, appena in tempo e gli grida: "Matteo, dove vai. Dove cazzo vai! Matteo". Ma Matteo si trincera dietro due occhi di ghiaccio, enigmatici. E ritorna a Roma, dove farà richiesta per entrare nel servizio militare come volontario.

Nell'ultima notte della sua vita, il 31 dicembre 1983, messo con le spalle al muro da Mirella che ha scoperto il suo lavoro e il suo vero nome, Matteo la guarda negli occhi e grida: "Matteo, mi chiamo Matteo. Vattene via. Và!" e la caccia via.
Ecco allora un'idea: se la verità è veicolata dagli occhi, sono davvero pochi i momenti in tutto il film in cui i personaggi hanno il coraggio della sincerità, hanno la capacità di sostenere le proprie parole, per mettersi a nudo, gli uni di fronte agli altri. Come a dire che, nella vita di tutti i giorni, forse per non ferire il proprio interlocutore, forse perchè altrimenti non sarebbe possibile portare avanti le proprie scelte con decisione, forse per non mostrare la propria fragilità, voltiamo lo sguardo.

Quando Nicola in un manifesto incontra lo sguardo intenso, diretto, di Matteo e lo riconosce, si reca in mostra dove quell'immagine, scattata da Mirella, è esposta. Matteo lo sta fissando e, per la prima volta dopo sette anni, i due fratelli si guardano negli occhi e Nicola ricambia il sorriso di Matteo, riconoscendolo e riconoscendosi. Sarà quello sguardo, finalmente senza mediazioni, a portare Nicola a scoprire una nuova verità e, con essa, la possibilità di aprirsi ad una nuova vita. E riaffermare, quarant'anni dopo, che: "Tutto è bellissimo!!!".