martedì 31 agosto 2010

Pampeago, ovvero: quello che volevo veramente scrivere l'ultima che ho postato qualcosa sul blog, ma che non ho avuto il coraggio di fare

Già, quello che volevo veramente scrivere è che sono stato bene, a Pampeago. Che è un luogo fatto di tre alberghi per sciatori, due impianti di risalita, un negozio e quattro parcheggi, vicino a Tesero, in Val di Fiemme (A22 uscita Egna-Ora; direzione Val di Fiemme; dopo Cavalese si sale sulla sinistra per Stava e poi si arriva all'Alpe di Pampeago). L'albergo - che non nominerò per senso pietistico - ha rappresentato tutto ciò che non deve essere un albergo, per cui tralascio volentieri ogni commento.

Al di là delle escursioni, dei pasti consumati in alcune ottime malghe, ciò che mi ha veramente colpito è stato il silenzio assoluto, sentito in alcune particolari occasioni. Ero sulla seggiovia con Cinzia e Matteo e, tra un pilone e l'altro, con il sole che illuminava la vallata e la vetta, e faceva risaltare ogni colore che Dio aveva messo su quella parte di terra che si mostrava ai miei occhi, abbiamo ascoltato il nulla, il vuoto. Neanche un ronzio, non una parola, non un rumore in lontananza. Niente di niente. Anche il respiro sembrava essersi fermato. E via a pensare alla città, ai rumori di sottofondo che non ti lasciano mai solo e che accompagnano la tua vita. Ovunque, dappertutto.

Per questo amo la montagna, perchè mi sembra di poter avere uno sguardo pulito e sincero sul mondo, perchè riesco a percepirmi sottilmente, interiormente, parte del tutto che mi circonda. Perchè riesco a parlare sottovoce e a farmi sentire, senza dover gridare o alzare i toni. La sera, un paio di volte, io e Matteo ci siamo messi sulla veranda, con la coperta tirata su fin sotto il mento, a guardare la luna e le stelle. Nessun lampione, nessuna casa illuminata, nessuna automobile. Anche l'albergo era 'spento', eppure illuminato in parte dalla luce della notte. Bellissime notti luminose.

Un po' di pace, ogni tanto, ci vuole. Rientrato, sbalordito dagli stimoli che ricevo ogni giorno, ho passato la prima giornata in assoluto stordimento. Poi mi sono ripreso, e ho ricominciato a macinare posta elettronica, telefonate e giornali. Stendermi sull'erba, guardare il cielo e le nuvole che si muovono, non percepire nulla se non l'azzurro e il bianco, e il verde e il grigio. Come se gli occhi fossero una finestra, da cui guardare l'infinito, ciò che di 'basico' esiste da sempre in natura. Insuperato.

Le fotografie che corredano questo articolo sono, in ordine di apparizione: n.1: © re.bel; n.2 e 3: © cinzia t.