lunedì 30 agosto 2010

Wonder Michael Chabon, or not

Ho incontrato Michael Chabon al Festivaletteratura di Mantova sabato 8 settembre 2001, alle 18.45, presso il Museo Diocesano. Era presentato da Beppe Severgnini, che scherzò molto sul fatto che gli avevano messo accanto - a lui basso, grigio e 'storto' - questo americano sano, alto, forte, bello. Mi feci anche autografare qualche cosa, che adesso non trovo più. Tre giorni dopo, crollarono le torri gemelle e ci scrivemmo alcune e-mail a proposito.

L'avevo scoperto leggendo Wonder Boys, perchè mi era piaciuto molto il film con Michael Douglas, Robert Downey Jr. e Tobey Maguire. Il libro era ben scritto, divertente, profondo: caratteristiche che ho ritrovato anche nelle Fantastiche avventure di Kavalier & Clay, che forse presentava proprio a Mantova.

Ho da poco invece terminato Uomini si diventa: un bel libro di racconti in cui Michael narra il suo essere figlio, padre (4 volte) e marito (2 volte), aprendo la scatola dei ricordi e il suo cuore con estrema sincerità. E' qui che mi sono trovato a riflettere se sia giusto o meno che uno stimato scrittore di successo metta in piazza molto di sè, soprattutto certi aspetti della propria vita - consumo di droghe leggere, per esempio - che non condivido. Non tanto perchè "non si deve mai fare" o "non avrebbe dovuto provare certe esperienze", ma perchè mi metto volentieri nei panni di un lettore - o del padre di un lettore giovane - che scorrendo le righe dei suoi racconti, incontra spesso e volentieri il tema delle droghe leggere, consumate - appunto - con leggerezza. Non mi sembra di aver letto un mea culpa dovuto alla maturità, anzi: sembra di capire che Chabon ne faccia ancora uso (ed è sacrosanta la sua libertà di fare ciò che vuole, nel rispetto della libertà altrui, s'intende: ma Chabon secondo me - e con lui tanti altri - dovrebbe riflettere sul fatto che, essendo bello, famoso, felice e di successo - tutto meritato, sinceramente - da molti è additato come un 'esempio'.)

Detto questo - e chi sa a chi frega di queste righe moraleggianti, ma tant'è: dovevo scaricarmi la coscienza - il libro è bellissimo. Ci sono passaggi importanti, profondi, altri un po' meno interessanti forse per la lontananza del suo dal mio vissuto. Chabon parla del tempo che scorre, dell'essere diventato uomo. Ricorda la sua prima moglie, gli errori commessi, i momenti di straordinaria e ordinaria intensità della sua grande famiglia a 6 posti. Ma la cosa migliore da fare è leggerlo per capire quanto della sua vita sia condivisibile da tanti, instaurando così una fraternità - piuttosto che un cameratismo - che aiuta a capire meglio anche se stessi.

Beninteso, non è un libro per soli uomini, nonostante il titolo, perchè anche le donne possono leggerlo e gustarlo - io ho letto tanti brani anche a mia moglie - per avvicinarsi di più al nostro universo. Dopo Philip Roth e Jonathan Franzen - per dirne alcuni - prosegue, nell'ambito della letteratura americana, la fase dell'introspezione, della 'prima persona singolare': un momento in cui sembra quasi che gli autori abbiano voluto fermarsi a guardarsi dentro, per fare il punto su di sè. Un recupero della memoria, che forse è solo una coincidenza, frutto di letture incontrate casualmente. Ma se il caso non esiste?
Da tempo sento anche io, prepotentemente, il bisogno di essere in 'prima persona', e spero che ne venga fuori qualche cosa, prima o poi.