mercoledì 18 agosto 2010

Libero chi legge

di Fernanda Pivano*

E' stato mio padre a insegnarmi l'amore per i libri. Ero poco più di una bambina ma ogni sabato pomeriggio mi accompagnava nella sua preziosa biblioteca di diecimila volumi e con una piccola cerimonia di un quarto d'ora ne sceglieva uno tra quelli di Fedor Dostoevskij, Lev Tolstoj e Anton Cechov, Gustave Flaubert e Guy de Maupassant, Thomas Mann e Alfred Doblin, Ljos Zilahy e Ferenc Kormendi (alla moda in quel momento), o della prosa d'arte italiana come per esempio America amara di Emilio Cecchi. Mi spiegava che cos'era e mi chiedeva cosa ne pensavo del libro che mi aveva dato il sabato prima.

Mi faceva leggere anche una minuscola rivista arrivata nelle sue mani per le vie dell'antifascismo, "La cultura", di cui aveva conservato le copie dei primi anni Trenta e dove Cesare Pavese aveva scritto articoli su Sherwood Anderson e John Don Passos, e soprattutto Edgar Lee Master: articoli che, in quel clima di "autarchia culturale", mi avevano aiutato a respingere il "principio di italianità" e a rivolgermi alla "plutocrazia decadente" e alla "democrazia giudaico-massonica" quali venivano definite le civiltà anglosassoni.

E' stato ancora lui a regalarmi la prima copia di Moby Dick, tradotto da Cesare Pavese nel 1932 e pubblicato dall'antica Frassinelli, gloria dell'editoria antifascista torinese. Quello stesso Cesare Pavese sarebbe stato il mio supplente di italiano al liceo Massimo D'Azeglio di Torino. Nelle sue lezioni ci parlava di Francesco De Sanctis e Benedetto Croce; un giorno sono tornata a casa e ho chiesto a mio padre, che si faceva chiamare babbo, se conosceva questi autori. E lui, senza dire niente, mi ha accompagnato nella sua biblioteca e mi ha fatto vedere i loro libri. Avreste dovuto vedere la faccia di quell'insolito professor Pavese quando il giorno dopo li ho portati in aula. Pavese l'ho rivisto nel 1938, dopo il suo confino in Calabria. E' stato lui a farmi capire la differenza tra letteratura europea e letteratura americana, allora sconosciuta in Italia.

Nel 1941 Franklin Delano Roosvelt ha fatto il famoso discorso sulle quattro libertà: libertà di parola, di culto, dal bisogno e dalla paura. La libertà è a tutti i livelli: non avere paura, essere
liberi, senza dittature. Questa era la base del sogno americano e della sua letteratura; la letteratura di cui mi sono innamorata. Per me l'America rappresentava la libertà in un periodo in cui la libertà in Italia non c'era. Infatti poco dopo è scoppiata la guerra, e con la mia famiglia siamo stati costretti a sfollare a Mondovì, in un albergo presidiato dai nazisti. In quella stanza minuscola ho tradotto L'ultimo dei Mohicani di James Fenimore Cooper con mia madre che mi aiutava alla macchina da scrivere. Sognavo che Uncas arrivasse a liberarci.

Avevo già tradotto l'Antologia di Spoon River e da allora ho tradotto numerosi altri libri con la speranza di farli conoscere in Italia. Credo che non avrei potuto fare altro perchè questa è la mia passione. Quando la libertà è arrivata anche nel nostro Paese, sono andata in America per cercare uno a uno quegli autori non ancora famosi tra noi, perchè per me è fondamentale sapere chi è lo scrittore, chi frequenta, da dove viene: perchè ha scritto quello che ha scritto. Tutti i miei testi sono soltanto lettere d'amore; se scuotono dall'indifferenza qualcuno e lo inducono a interessarsi ad almeno uno dei libri descritti e al loro autore hanno raggiunto il loro scopo.

Oggi, molti, troppi anni dopo, ringrazio tutti gli autori americani che ho amato e dico anche a voi di ringraziarli, uno a uno. Tutte le volte che fate l'amore con un ragazzo che non è vostro marito, o con una ragazza che non è vostra moglie, dite grazie a Ernest Hemingway, a Jack Kerouac, a Gregory Corso. Dite grazie ai miei amici scrittori. E per farlo leggete i loro libri che sostengono la non corruzione, la non paura, la non violenza: che sostengono la libertà.

*Introduzione a "Libero chi legge" (2010, Mondadori), volume che raccoglie le 'lettere d'amore' di Fernanda Pivano (18 luglio 1917-18 agosto 2009) ai 'suoi' autori americani.

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Nanda, the Victorian-Beat girl
Intervista di Giulia Santerini a Fernanda Pivano