domenica 7 novembre 2010

Ore

"Sì," dice Clarissa. "E' ora."
Sembra che in questo momento Richard cominci davvero a lasciare il mondo. Per Clarissa è una sensazione quasi fisica, uno strappo morbido ma irreversibile, come un filo d'erba che venga tirato via dalla terra. Fra poco Clarissa si addormenterà, fra poco tutti quelli che lo conoscevano si saranno addormentati, e tutti si sveglieranno domani mattina per scoprire che lui si è unito al regno dei morti. Si chiede se l'indomani mattina segnerà non solo la fine dell'esistenza terrena di Richard, ma anche l'inizio della fine della sua poesia. Dopo tutto ci sono così tanti libri. Alcuni di essi, una manciata, sono buoni, e di quella manciata solo pochi sopravvivono. E' possibile che i cittadini del futuro, persone non ancora nate, vorranno leggere le elegie di Richard, i suoi lamenti cadenzati con tanta bellezza, le sue offerte di amore e furia rigorosamente antisentimentali, ma è molto più probabile che i suoi libri svaniranno con quasi tutto il resto. Clarissa, il personaggio del romanzo, scanirà, così come Laura Brown, la madre perduta, la martire e il diavolo.
Sì, pensa Clarissa, è ora di mettere fine a questa giornata. Diamo le nostre feste; abbandoniamo le nostre famiglie per vivere soli in Canada; combattiamo per scrivere libri che non cambiano il mondo, nonostante il nostro talento e i nostri sforzi senza riserve, le nostre speranze più stravaganti. Viviamo le nostre vite, facciamo qualunque cosa, e poi dormiamo - è così semplice e ordinario. Pochi saltano dalle finestre o si annegano o prendono pillole; più persone muoiono per un incidente; e la maggior parte di noi, la grande maggioranza, muore divorata lentamente da qualche malattia o, se è molto fortunata, dal tempo stesso. C'è solo questo come consolazione: un'ora qui o lì, quando le nostre vite sembrano, contro ogni probabilità e aspettativa, aprirsi completamente e darci tutto quello che abbiamo immaginato, anche se tutti tranne i bambini (o forse anche loro) sanno che queste ore saranno inevitabilmente seguite da altre molto più cupe e difficili. E comunque amiamo la città, il mattino; più di ogni altra cosa speriamo di averne ancora.
Solo il cielo sa perchè lo amiamo tanto.
Qui c'è ancora la festa: i fiori sono ancora freschi, tutto pronto per gli invitati, che alla fine sono solo quattro. Perdonaci Richard. In effetti, e dopo tutto, è una festa. Una festa per quelli che non sono ancora morti, per quelli relativamente in buone condizioni, per quelli che per ragioni misteriose hanno la fortuna di essere vivi.
E', in effetti, una grande fortuna.
Julia dice: "Credi che dovrei preparare un piatto per la madre di Richard?"
"No," dice Clarissa, "vado a prenderla."
Ritorna in salotto da Laura Brown. Laura sorride debolmente a Clarissa - chi sa cosa pensa o sente? Eccola, la donna della furia e del dolore, del pathos, del fascino abbagliante; la donna innamorata della morte; la vittima e la carnefice che ossessionava il lavoro di Richard. Qui in questa stanza c'è l'amata, la traditrice: una donna anziana, una bibliotecaria in pensione di Toronto, che porta vecchie scarpe da signora.
E c'è anche lei, Clarissa, non più la signora Dalloway: non c'è più nessuno a chiamarla così. E ha un'altra ora davanti a sé.
"Vegna, signora Brown," dice. "E' tutto pronto."

Estratto dalle pagg. 165-166 de "Le Ore" di Michael Cunningham (Bompiani, 1999)